L’impatto del coronavirus nei Paesi dell’Africa sub-sahariana è stato significativamente minore se paragonato a quello avuto nei Paesi dell’Europa, dell’Asia e dell’America.
Uno studio pubblicato su Global Health: Science and Practice ha proposto un’analisi sui possibili motivi per cui in Africa gli effetti del Covid sarebbero stati più attenuati.

Posto che strategie quali: l’identificazione precoce dell’infezione, l‘attività diffusa di laboratori per test e analisi, l’uso massiccio di strumenti di mitigazione (come il lockdown forzato), il tracciamento dei contatti, il distanziamento fisico e l’uso di misure come la quarantena si sono dimostrati interventi essenziali nel frenare il diffondersi della pandemia, sono diversi i fattori emersi che avrebbero limitato la diffusione del virus nel continente africano.

Vediamo le principali sei ipotesi proposte dallo studio per cui la diffusione del virus avrebbe subito un freno nei Paesi della regione sub-sahariana.

Ipotesi 1: I dati demografici dell’Africa sub-sharaiana

Gli studi effettuati sui trend globali del Covid evidenziano significative differenza sulla caratteristiche demografiche delle persone morte a causa del virus.
L’età media dei Paesi dell’Africa sub-shariana, rispetto alla media mondiale, è molto più bassa: si parla di un’età media della popolazione attorno ai 18 anni, con solo il 3% con un’età superiore ai 65 anni.

Negli Stati Uniti, per esempio, secondo i dati riportati dal Centers for Disease Control and Prevention (CDC) le morti collegate all’infezione da Covid 19 nell’80% dei casi riguardano persone con più di 65 anni.
L’età avanzata è in più associata ad una più alta frequenza di disturbi degenerativi e metabolici che aumentano il rischio di morte in caso di contrazione del virus.

Per questo è ipotizzabile che la struttura demografica dei paesi sub-sahariani, con una percentuale molto più bassa di popolazione anziana, abbia svolto un ruolo centrale nella bassa mortalità da Covid-19.

Ipotesi 2: Mancanza di strutture di assistenza a lungo termine

Nei Paesi dell’Africa sub-shariana, oltre ad una piramide demografica che evidenzia una popolazione dall’età media molto bassa, gli anziani non tendono a vivere in strutture di assistenza a lungo termine in cui sono ricoverati e accuditi pazienti che non sono in grado di vivere autonomamente.

Sfortunatamente questo tipo di struttura rappresenta un fattore di rischio molto alto per la diffusione di malattie infettive e trasmissibili. La possibilità che il virus si propaghi nelle case di cura e di riposo è molto elevata e il tasso di mortalità causato dall’infezione è considerevole.

Covid in Africa.

Ipotesi 3: Precedente esposizione all’infezione da coronavirus

Si ipotizza che una precedente esposizione a forme virali simili al coronavirus circolanti localmente abbia favorivo lo sviluppo di anticorpi contro il Covid-19 e abbia portato ad una parziale immunità.

Diversi studi hanno dimostrato una significativa diminuzione della probabilità di morte e della probabilità di essere ricoverati in unità di terapia intensiva in pazienti in cui è stata riscontrata una prova di una precedente esposizione a forme endemiche di coronavirus, rispetto a chi non ne è mai stato colpito.

I risultati di questi studi hanno dimostrato che l’esposizione ad altri coronavirus può ridurre la gravità e il carico delle patologie causata del Covid-19.

Ipotesi 4: Accesso limitato a test adeguati

E’ ipotizzabile che ci sia stata una drammatica sottostima dei decessi causati da Covid 19 a causa della mancanza di una adeguata programmazione di test e analisi per controllare il virus.

Nei Paesi della regione sub-sahariana fattori quali: la mancanza di un accesso locale ai test, l’impossibilità di tracciare i contatti adeguatamente, una raccolta insufficiente di dati e la scarsissima diffusione di laboratori in grado di identificare il virus, sono tutti elementi che hanno interferito con l’accertamento dell’incidenza e delle diffusione del Covid-19.

Ipotesi 5: Fattori di rischio genetico

Studi effettuati nei Paesi più sviluppati hanno dimostrato che, complessivamente, le condizioni dell’ambiente in cui si vive e le esposizioni ambientali sono con ogni probabilità molto più importanti delle esposizioni genetiche nella predisposizione a contrarre la malattia.

Questa suscettibilità probabilmente è correlata a fattori socio-economici tra cui povertà, situazioni di vita in contesti sovraffollati e nel funzionamento dei servizi essenziali.

Ipotesi 6: Risposta efficace della sanità pubblica alla minaccia Covid-19

Un’altra ipotesi è che molti governi africani e le organizzazioni per la sanità pubblica si siano mossi abbastanza rapidamente in risposta alla minaccia di Covid-19.
Nel contesto africano le istituzioni sanitarie pubbliche nazionali sono responsabili della sorveglianza delle malattie, della diagnostica e della risposta rapida alle epidemie: sono strumenti essenziali per frenare l’emergenza e la ricomparsa delle malattie infettive.

Questo tipo di organizzazione, a differenza di quelle dei Paesi ad alto al reddito che si concentrano su studi su malattie non trasmissibili, sono focalizzate sulle studio delle minacce causate dalle malattie infettive, sono quindi predisposte a fornire risposte e ad attuare adeguate politiche informative.

Inoltre numerosi Paesi africani sono stati pronti nell’attuare politiche efficaci dal punto di vista sia finanziario che nella comunicazione pubblica per controllare la diffusione del virus.

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